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CoronaVirus. Ce la faremo

Riprendiamo la nostra attività in questi giorni difficili, in cui noi tutti viviamo una situazione inaspettata ed inimmaginabile. Speriamo di poter dare anche noi, nel nostro piccolo, un contributo per capire come è più giusto comportarsi e per raccontare le storie di chi ci è più vicino per posizione geografica e relazioni.

L’Italia ai tempi del nuovo Coronavirus – nCOVID19. Su questo l’informazione sta giocando un ruolo fondamentale, in una crisi che non è solo di dimensioni nazionali ma mondiali.

Nel nostro sistema Paese però qualcosa è stato sbagliato nei primissimi giorni di allarme, la comunicazione è stata troppo concitata dando un’immagine dell’Italia in preda al panico.

Prima. Dopo, una fase di assestamento e di ridimensionamento. Ora, sembra che molti stiano non capendo.

Nonostante i numeri dei positivi e delle persone in rianimazione continui a crescere nelle regioni del Nord Italia, sembra che dove il contagio è meno visibile e meno aggressivo si faccia fatica a capire che è necessario, anzi è imperativo, adottare comportamenti responsabili a tutela della propria salute e di quella delle persone più deboli. Non lo avevano capito neanche quei buontemponi, a voler essere gentili, che sono usciti dalla zona rossa per andare a sciare.

Cosa serve per capire? Vedere morti per strada? Non basta sapere che, come ci stanno dicendo esperti e governanti, se il contagio diventa generalizzato non ci saranno posti a sufficienza per curare in rianimazione chi ne ha bisogno?

Un giro al parco Mercatello a Salerno, mantenendo le debite distanze dagli altri visitatori, è bastato per constatare che la gente, purtroppo, non ha capito.

Abbiamo visto assembramenti di giovani e ragazzini che, quasi fosse la gita di Pasquetta, parlavano e scherzavano uno accanto agli altri senza la minima precauzione. Abbiamo visto mamme con bambini che si intrattenevano con altre mamme di altri bambini come in una normale mattina di una normale domenica. Tanto valeva lasciare aperte le scuole! Hanno capito che sono state chiuse per evitare che il contagio si diffondesse anche tra loro che ne sarebbero diventati vettori presso le proprie famiglie e viceversa?

Nulla è normale in questi giorni e se alla normalità teniamo, dobbiamo sacrificare un po’ delle nostre abitudini ORA.

Stare a casa non è così difficile, tanto più ai giorni d’oggi in cui ci si può telefonare, in cui si può chattare, video-chiamare, scambiare file, giocare a distanza, fare selfie e scambiarli. Siete sempre attaccati a social network e non uscite mai di casa, dovete farlo proprio ora?!

Ce la possiamo fare ma insieme, senza stare, a tutti i costi, fisicamente insieme. Con quella unità di intenti e quella solidarietà che creano una vera comunità. Non facciamoci riconoscere come i “soliti” italiani e i “soliti” meridionali.

Facciamo qualcosa. Stiamo a casa, prestiamo attenzione, ascoltiamo le direttive dell’Istituto Superiore della Sanità. E’ facile e ce la faremo.

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