Ci stiamo avviando verso la fase 2 della gestione dell’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus tra molte incertezze su quel che sarà ma intanto commercianti, ristoratori, artigiani e piccoli imprenditori, l’ossatura dell’economia nazionale, stanno cercando di capire come organizzarsi per quella che, si spera, sarà una vera ripartenza.
Anche a Salerno e provincia sono tante le attività che aspettano di poter rialzare le saracinesche.
“Non vediamo l’ora di ripartire, come e meglio di prima”, commenta Anna Santoro, titolare, insieme alla sorella Marcella, del Centro Estetico A&M, in zona Pastena. “Intravedo qualche difficoltà all’inizio, specie per quanto riguarda l’organizzazione ma credo anche poi ci si abituerà”. Le chiediamo come si stanno organizzando. “Come centro estetico, facciamo già grande attenzione all’aspetto dell’igiene e lavorando in cabine chiuse, siamo già organizzate per quel che riguarda il distanziamento tra una cliente e l’altra. Per tutto il personale invece, prevediamo l’uso di mascherine e di visiere, oltre ai guanti e alla divisa, che fanno già parte della nostra dotazione. Per quanto riguarda l’igiene, faremo ancora di più, sterilizzando, disinfettando e sanificando strumenti ed ambienti. Per il banco delle mani, pensiamo ad un separatore in plexiglass posizionato tra l’operatrice e la cliente. Per la sala d’attesa, chiederemo alla clientela di collaborare rispettando gli orari degli appuntamenti in modo da non creare assembramenti. E’ necessaria la collaborazione di tutti ma sono ottimista”. Pensa che ci si debba “riempire di ottimismo, immaginare nuove linee di taglio e nuovi colori” anche Sergio Casola, Vice-Presidente nazionale del CNA e titolare de I Casola Parrucchieri, insieme al fratello Fabio, nel quartiere Pastena. A questo sta lavorando in questa quarantena forzata tra una riunione e l’altra del CNA “dove”, ci dice, “abbiamo fatto delle proposte relative alla riapertura che siano percorribili piuttosto che immaginare soluzioni che poi non potrebbero essere seguite. Per cui pensiamo di intervallare le sedute, sia dei lavaggi che dei lavori tecnici, lasciando spazio tra una cliente e l’altra, non avere persone in attesa rispettando gli appuntamenti con precisione, disporre igienizzante su ogni mensola ed igienizzare le postazioni ad ogni cambio di cliente e per il personale: kimono monouso, guanti, mascherine e segnalazioni sul pavimento”.
Quello del rispetto degli appuntamenti è un tema ricorrente, anche quando si parla di medici. Ce lo conferma il dr. Raffaele Russo, medico odontoiatra con studio a Salerno, che ipotizza “appuntamenti tarati su interventi di un’ora e mezza a paziente, di cui un’ora dedicata al lavoro sul cliente e mezz’ora per igienizzare prima dell’arrivo del paziente successivo. Ovviamente questo significherà riuscire a seguire mediamente un numero ridotto di pazienti in una giornata lavorativa rispetto al passato”. Nel campo odontoiatrico ancora non sono stati resi noti protocolli da seguire mentre “vengono offerte soluzioni aleatorie per quanto riguarda i presidi di sicurezza, quindi bisognerà attendere le direttive del Governo per adottare sanificatori ambientali o macchine per l’ozono conformi a tali disposizioni. Perciò siamo ancora in una fase indefinita e restiamo disponibili solo per le urgenze”.
“Non mi spaventa avere due tavoli in meno nei miei ristoranti per rispettare le norme sul distanziamento ma la paura delle persone di entrare in contatto con altre persone”, è l’opinione di Alfredo Favero, anima dei ristoranti La Botte Pazza e Pazza Marea nel centro storico cittadino, “questa sorta di psicosi che si è creata potrebbe influire sulla riapertura. D’altronde, per me andare al ristorante non è soltanto cenare fuori ma è convivialità, creare un’atmosfera che non vedo possibile se ci sono dei plexiglass a separare le persone, specie quelle che si trovano allo stesso tavolo. Che senso ha mettere una barriera tra una coppia o tra i membri di una famiglia che poi vivono insieme nella quotidianità? Quello lo trovo assurdo. E poi credo che se la gente va al ristorante è anche perché, dopo tanto isolamento, ha voglia di vedere altra gente”. Secondo Alfredo non sarà difficile riaprire ma reggere alla riapertura perchè affitto e bollette continuano ad arrivare e “avrebbero fatto meglio a sospenderli e a non pretendere che facciamo prestiti. Il problema va risolto facendoci uscire da questa enorme crisi dandoci liquidità, non creando nuovi debiti per noi esercenti”.
Dello stesso parere è Luisa Noschese, del Caffè Lalù, che crede che lo Stato avrebbe dovuto fare di più, perché “anche io voglio riaprire ma siamo in tanti nel centro storico e riaprire il 27 aprile solo per l’asporto non ha senso, gli introiti sarebbero davvero minimi. Con gli uffici e i negozi chiusi, chi vuoi che ordini un caffè o un cornetto? E poi ho paura per la mia salute perché questa guerra non è finita. Il virus circola ancora e temo che qualcuno possa portarlo nel mio locale. Diverso sarà quando si potrà aprire “normalmente”. In quel caso, ho già pensato di posizionare una barriera in plexiglass sul bancone per proteggere sia me che i clienti, già prima della chiusura avevo messo dei segni sul bancone per distanziare di un metro un cliente dall’altro e per il futuro userò dei separè tra un tavolo e l’altro, oltre alla sanificazione degli ambienti e a mascherine e guanti”.
Tanti gli interrogativi anche nel settore delle palestre e delle scuole di danza, come il Centro Studi Danza di Anna Iorio e Valeria Miningi in via Madonna di Fatima. “La danza è una disciplina difficile da praticare a distanza, specie la pre-danza ed i corsi per i più piccoli. Per fortuna, abbiamo una sala grande, che ci consentirà di lavorare con gruppi ridotti di allievi mantenendo il distanziamento ma bisognerà anche vedere cosa succederà all’apertura perché la gente ha paura e perché bisognerà dare a tutti il tempo per riprendersi da questa crisi, che è anche economica, affinchè scelgano di mandare i propri figli a danza”. A parlare è Valeria Milingi, che ipotizza, non avendo ancora direttive, una completa riorganizzazione del lavoro, a partire dalle aule di insegnamento ai bagni. “Pensiamo di chiedere alle allieve di venire a danza già in divisa, per evitare di farle stare insieme nello spogliatoio. Poi la necessità di evitare assembramenti comporterà che determinati esercizi non si potranno più fare, almeno per un certo periodo e questo influirà sull’attività soprattutto delle piccole, per le quali è importante anche l’aspetto psicologico perchè vogliono lavorare ed esercitarsi insieme alle amichette. Se poi sarà richiesto dalla normativa, adotteremo guanti e mascherine anche per danzare. Certo, non sarà facile né molto comodo ma se questa sarà la nuova normalità, anche quando a settembre riprenderà, se riprenderà, la scuola, allora ci abitueremo anche a questo”.
E per quanto riguarda le abitudini, probabilmente dovranno cambiare anche quelle per andare al mare la prossima estate, dove si suggerisce di usare dei separè in plexiglass tra gli ombrelloni o addirittura delle cupole “che non mi sembrano idonei e poco vivibili”, commenta il Dott. Carmine Vertullo, del Lido Cascata di Capaccio-Paestum. “Bisognerà capire se potremo aprire anche il bar ed il ristorante. Per quest’ultimo, siamo già organizzati per il self service ma bisognerà, eventualmente, distanziare i tavoli riducendo la capienza del ristorante. Abbiamo anche delle case vacanza, che negli anni scorsi, in questo periodo, erano già prenotate per il 90% della capienza mentre per ora, è prenotato solo il 20% ma le spese di manutenzione sono state comunque già fatte almeno per il 50%, quindi la situazione non è rosea ma ci metteremo comunque all’opera non appena sarà possibile”.“Avendo una superficie di spiaggia estesa”, continua, “pensiamo di non montare il campo di volley e di calcio e di recuperare spazio per gli ombrelloni, che così potranno essere distanziati secondo quelle che saranno le direttive e poi ci sarà da regolare gli accessi al mare, quella si che sarà una bella sfida!”.