Mai come quest’anno la giornata internazionale dell’infermiere acquista il valore di una vera e propria celebrazione dell’importanza e della stoicità dimostrata da queste donne e questi uomini nel periodo dell’emergenza da Covid19, durante il quale hanno lavorato senza sosta nel tentativo di arginare le conseguenze della diffusione del contagio di un male di cui nulla o molto poco si sapeva quando è scoppiata la pandemia.
Ognuno di noi ha bene impresse nella memoria le immagini di infermiere ed infermieri con i volti segnati da mascherine indossate per ore infinite nei giorni in cui il Coronavirus è irrotto nelle nostre vite all’improvviso.
Sono diventati, per molti malati separati dalle famiglie senza possibilità di vederle e di sentirle, madri, padri, sorelle, fratelli, nipoti, nonni, dispensando non solo cure preziose ma anche gesti di solidarietà e di cristiana pietas, per occhi che chiedevano risposte, che speravano in una guarigione, che anelavano di rivedere i propri cari e sono diventati mani che accarezzavano e davano forza e parole che rassicuravano e cercavano di portare sostegno.
A tutte queste persone che ognuno di noi ha incontrato almeno una volta nella vita, in momenti belli come nel caso di una nascita o in momenti meno belli come quelli della malattia, va il nostro ringraziamento per quello che hanno fatto e che faranno considerando i malati come persone e non come numeri.