Parte da Salerno un punto di vista controcorrente rispetto all’integralismo ambientale. Un invito alla ragionevolezza e ad assumere decisioni più ponderate ed attente al contesto reale.
Specificamente, rispetto alla legislazione europea che, mettendo al bando i motori tradizionali dal 2035, prevede l’obbligo per nuove autovetture e nuovi veicoli commerciali leggeri di non produrre alcuna emissione di CO2.
Ad esprimere la propria contrarietà è Domenico De Rosa, CEO del Gruppo Smet, operante nel settore dei trasporti e della logistica. Nel corso dell’incontro sul tema “Innovazione e sostenibilità per la mobilità del futuro. La nuova direttiva europea per auto e furgoni a emissioni zero: rischi e opportunità per l’industria italiana e europea”, De Rosa, presente a Roma ad Esperienza Europa, ha così espresso il punto di vista di che, come lui, vive queste tematiche con grandezza consapevolezza e responsabilità.
“L’Italia è responsabile dello 0,8% delle emissioni globali di Co2 ma in nome della scelta politica del Parlamento Europeo e della Commissione in scadenza rispetto alla transizione energetica della mobilità sta sacrificando il tessuto portante della propria economia”, ha spiegato De Rosa.
“Sarebbe il caso che nel nostro Paese ci si svegliasse da questa condizione di intorpidimento cerebrale collettivo e si ricercassero strade diverse e più sostenibili per la necessaria decarbonizzazione”.
Se infatti le restrizioni relative alle auto tradizionali rappresentano un’opportunità per l’innovazione del settore automotive ed una spinta verso l’adozione ed il miglioramento di motori elettrici ed ad idrogeno, dall’altro, visti i grandi investimenti che la Cina ha già fatto in questa direzione trovandosi davanti a molti altri Stati e competitor, si rischia di concedere un vantaggio pericoloso per l’industria automobilistica occidentale ed in particolare italiana. La transizione infatti comporta la necessità di riadeguare processi e linee produttive, cosa non semplice in tempi brevi, a favore delle industrie cinesi.